Come posso proporre e vendere la mia musica? È la domanda di chi vuole emergere e affronta per la prima volta l’avventura della pubblicazione indipendente. Abbiamo posto la questione ad un esperto, Guido Dall’Oglio, che ci offre una visione d’insieme del panorama attuale. Opportunità, criticità, evidenze, norme e competenze da affinare indispensabili per orientarsi nel complesso e articolato sistema della musica.

Volendo fissare la fotografia del mercato e dell’offerta globale, in quale scenario ci collochiamo, in questo preciso momento?
Grazie alle nuove tecnologie e alla possibilità di distribuirsi autonomamente, la musica e gli audiovisivi hanno raggiunto un volume quotidiano di offerta smisurato, che crescerà oltremodo grazie alle AI generative.
Stiamo parlando di numeri incredibili: 120.000 tracce pubblicate ogni giorno sugli store e 600 ore di audiovisivi caricati ogni minuto su YouTube (moltissimi dei quali sono video musicali).
Questi sono i volumi con cui facciamo i conti. Immaginare di ascoltare oltre 100mila nuove canzoni al giorno ci fa riflettere sulla complessità da affrontare per accedere a un mercato sempre più affollato e sproporzionato nell’equazione creazione-fruizione. Numeri così alti, ovviamente, rendono impossibile l’amministrazione umana e possono essere gestiti solo tramite algoritmi e automatismi. Questa è una delle ragioni per cui una nuova creazione ha scarse possibilità di raggiungere una soglia di attenzione adeguata, se prima non ha maturato i requisiti di popolarità che le consentono di mettersi in evidenza. La canzone di un artista dotato di fanbase attiva ha quindi molta più facilità di emergere rispetto ad una traccia di grande pregio priva di storia pregressa. È significativo dire che, dell’attuale disponibilità globale di tracce sugli store, il 25% è a zero play e un altro 16% si colloca tra zero e 1000.


Questa rappresentazione sembra disattendere le aspettative di chi si vuole proporre sul mercato. Risulta evidente la difficoltà di posizionarsi, in un mondo così affollato di proposte. Esiste una prospettiva di crescita e di evoluzione del business della musica?
In virtù di un significativo incremento del consumo di musica, sia pubblico che privato, il business è in crescita e si prevede almeno un raddoppio per il 2030, tanto che questo segmento è considerato un asset prezioso per gli investimenti. Basti pensare alla proposta innovativa di alcune realtà che propongono di investire nel settore della musica: un marketplace di diritti musicali che permette agli artisti, agli editori e alle etichette discografiche di condividere una parte delle proprie royalties future con una rete di investitori e appassionati di musica.

Ci illustra sinteticamente quali sono le linee di distribuzione e ricavo nel sistema della musica contemporaneo?
Il monopolio è nelle mani delle OTT (le over-the-top, ovvero chi fornisce i contenuti in rete), che sono grosso modo una decina e illuminano il mercato in modo globale. Il sistema di raccolta del denaro, invece, è molto più frammentato e il ruolo degli intermediari – che si tratti di distributori o di collecting – è particolarmente complesso, arcaico e molto spesso localizzato. Alcune linee di ricavo sono analitiche ed efficienti; altre (come, ad esempio, il diritto d’autore puro) soffrono di un modello di ripartizione a forfait e sono influenzate dalle grandi aggregazioni editoriali.
A proposito di social, quanto incide la presenza sulle piattaforme nel posizionamento sul mercato?
La fruizione di musica non compete solo con sé stessa, ma con l’intero mare magnum di contenuti promossi e lanciati dalle piattaforme. I traguardi sportivi di Sinner e le evocazioni sonore di Raiz sono contemporaneamente esposti, suggeriti e fruiti tramite i nostri dispositivi. Notorietà e reperibilità sono elementi chiave che potenziano il contenuto, ma sono utili solo in un sistema remunerativo, mentre molti dei modelli di business attuali lo sono solo per la punta dell’iceberg dell’offerta.
Quanto contano i dati per la corretta remunerazione?
Oggi il potere non è dei diritti, ma di chi dispone dei dati corretti per remunerare analiticamente. Senza un’architettura omogenea dei dati, standardizzata e analitica, non c’è futuro.
Per “dare a Cesare quello che è di Cesare”, nei volumi attuali, è necessario prima di tutto sapere chi è Cesare!
Il mondo della musica, purtroppo, nasce pigro e disordinato, privo di un registro unico delle creazioni e di un sistema di scambio dati unificato. Questo favorisce l’esistenza di intermediazioni solo parzialmente analitiche e rappresenta la maggior criticità nella ricostruzione reale e precisa dei guadagni.
Cosa aspettarci per il futuro del music business?
Sono moltissimi i cambiamenti in vista. Non tanto in relazione a creatori e fruitori – a parte le AI – ma riguardo i modelli di business e la remuneratività delle intermediazioni. Locale e globale dovranno armonizzarsi e funzionare correttamente. Le remunerazioni dovranno crescere, gli store differenziarsi e offrire maggior guadagno.
Su questi presupposti, quali sono le reali possibilità e quale consiglio pratico possiamo dare a un artista-produttore indipendente? In una domanda: Come posso proporre e vendere la mia musica?
Con la premessa che il requisito essenziale verte sulla creazione di contenuti preziosi e distintivi, posso dire che le chance esistono. È però fondamentale essere consapevoli dei pregi e dei difetti del sistema, conoscere i propri diritti e saper maneggiare le tecniche di posizionamento che assicurano di essere veramente liberi, perché è inutile definirsi “indipendenti” se poi si dipende dal sistema.
Il suggerimento è di acquisire le basi delle norme e dei ruoli che regolano l’apparato e le titolarità. Il diritto d’autore e il sistema musica sono come i contratti collettivi di lavoro e, se si vuole essere indipendenti, vanno approfonditi. Ho visto troppe volte autori, interpreti e produttori spogliarsi di diritti verso intermediari senza che fosse necessario; viceversa, essere riluttanti ad affidare a strutture di servizio sane e certificate una parte delle loro attività.
Poi è fondamentale comprendere le basi della comunicazione e gli algoritmi che governano la notorietà e l’esposizione sulle piattaforme, che si traducono in risultati economici. Per sostenere un cambiamento vanno presi in considerazione anche i difetti di questo mondo.
Tutto ciò va spiegato in modo chiaro, semplice, concreto, aggiornato.
È utile conoscere i dati rilevati a livello mondiale, ad esempio quelli del report di Luminate (https://luminatedata.com/reports/midyear-music-industry-report/) circa il consumo di musica in streaming da parte degli utenti, dalla cui ricerca emerge il superamento dei mille miliardi di stream audio on-demand nel mondo (esclusi i video), che decreta il 2023 “l’anno più veloce di sempre nel raggiungere questa cifra” con flussi che superano il trilione nel primo trimestre di quest’anno. Anche da IFPI – l’organizzazione che rappresenta l’industria discografica in tutto il mondo – arriva Engaging with Music 2023 (https://www.ifpi.org/wp-content/uploads/2023/12/IFPI-Engaging-With-Music-2023_full-report.pdf) il più grande studio sui consumi musicali attraverso oltre 43.000 intervistati nei principali 26 mercati del mondo.

Questi aspetti conoscitivi, ormai inscindibili dall’identità di creatore o produttore musicale, vengono affrontati e approfonditi nel corso “Music Business & Communication”, che si svolgerà anche quest’anno presso 4cmp Production School. Attraverso la nostra esperienza e grazie alla testimonianza di esperti del settore coinvolti nelle varie fasi dei panel didattici, avremo l’occasione di guardare a questi dati con un approccio concreto e una visione prospettica, così da generare la necessaria consapevolezza nei nuovi creators.